martedì 17 aprile 2018

Rubrica di Racconti. "Episodi della mia vita" di...Augusto Poscia.




Rubrica di Racconti.
"Libera i tuoi pensieri...tra spaccati di realtà e fantasia".

A cura di Francesca Messina
e-mail: francimessina@libero.it

 
 
 
Episodi della mia vita
Ero ancora un ragazzo, avevo ripetuto per ben due volte la prima media, mia madre pensò bene, per non farmi stare senza fare niente, per ore, con i miei amici in mezzo la strada, di mandarmi da un mio zio ad imparare un mestiere. Mio zio aveva una sartoria al centro di Napoli e li, grazie alla sua esperienza, cominciai  a lavorare. Anche i miei genitori lavoravano in sartoria, diciamo una grande sartoria, con sessanta operaie e mia madre era come un capo squadra del suo reparto, mio padre era l’addetto alla manutenzione. Io e mio fratello che aveva circa due anni più di me siamo cresciuti da soli, in casa sapevamo gestirci, devo dire che erano altri tempi, più sicuri e nella palazzina dove abitavamo, ci conoscevano tutti, gli stessi vicini erano tutti nella sartoria con i nostri genitori. Ogni tanto c’era nostra  zia che veniva ad accudirci. Così cominciò la mia esperienza nel settore tessile, cinque anni più tardi arrivò la cartolina per il servizio militare, diceva che dovevo presentarmi alla capitaneria diporto della Marina Militare. Fatte le dovute visite mediche, quindi idoneo al servizio militare, mi trasferirono alla caserma del gruppo sommergibili di Taranto. Ventotto mesi che ricorderò sempre, ho conosciuto tanti ragazzi venuti da tutta l’Italia, visti i miei trascorsi  nel settore tessile, mi assegnarono alla sartoria della caserma. Il comandante mi prese sotto la sua protezione, ogni volta veniva per aggiungere gradi alla divisa. Dopo un po’ di tempo,  entrato in confidenza, gli chiesi di farmi fare qualche esercitazione nel sommergibile” Tazzoli” ne ho fatte tre o quattro e anche immersioni. Millenovecentosessantacinque, finito il servizio militare, tornai a casa, ora dovevo riprendere a lavorare…ma dove, in sartoria o altrove, per fare il sarto rifinito mi serviva solo un corso di taglio e completavo la mia esperienza. Intanto la F.I.A.T. chiedeva manodopera generica, era il boom della “Cinquecento”, era il millenovecentosessantotto, tanti di noi  dal Sud, salimmo al centro, quarantamila giovani in cerca di fortuna, una speranza di vita, per noi e per i nostri figli. Feci domanda per un lavoro generico e dalla F.I.A.T. mi giunse presto risposta, dovevo trasferirmi a Torino per le visite mediche e non ci pensai due volte. Lasciare le mie radici, la famiglia, trasferirmi in una città sconosciuta, solo, senza amici ne parenti…la priorità era che dovevo pensare a me ad un lavoro gratificante per il mio futuro. Mi informai sull’orario dei treni, scelsi quello delle 20.30 e arrivava a Torino il giorno dopo alle ore 8.45, corsi a casa per preparare la valigia, la sera alla partenza mi accompagnarono i miei genitori, tantissima gente aspettava quel treno. Tutti  partivano per lo stesso motivo, trovare un lavoro al nord, noi eravamo arrivati un’ora prima, intanto mia madre piangeva, dispiaciuta dal mancato mio inserimento nella sartoria dove lavorava, guardavo nervoso il cartellone delle partenze dei vari treni. Finalmente arrivò questo benedetto treno, binario n.5,  mi avviai sul treno, per trovare posto, posai la valigia sopra lo scaffale e non vedevo l’ora di partire. Mia madre rimase a guardarmi, commossa, triste e delusa, il fischietto del capo stazione…finalmente si partiva.  Dal finestrino si vedevano fazzoletti sventolare,  urla e pianti, addio mia città. In treno si parlava del più e del meno, ho conosciuto tanta gente che veniva da città diverse del Sud come me, per il mio stesso motivo, trovare un lavoro. Poi ci siamo addormentati e risvegliati alla stazione di Porta Nuova. Trovarsi  in una città nuova, sconosciuta, difficile adattarsi per i primi tempi, ma con me c’era un ragazzo che avevo conosciuto in treno e piano piano  chiedendo alla gente informazioni sulla nostra pensione, siamo riusciti a trovare la strada. Una camera con due letti, finalmente potevamo riposare. La signora che ci accolse era molto gentile, ci informò degli orari, delle condizioni dei pagamenti. Ci addormentammo subito perché la mattina dovevamo arrivare in orario per le prove psicotecniche. La destinazione era Via XX Settembre, ho passato una settimana per svolgere tutte le prove,  finalmente mi diedero, alla fine, il mio tanto desiderato libretto di lavoro, assegnato allo stabilimento “Materferro” li si costruiva  il pulmino “850”. Sono stato assegnato alla quinta porta, una forma di porta particolare, che si riempiva con vari pezzi assemblati, vedevo fontane di scintille, come fuochi d’artificio, lavoro duro e di precisione, dovevo impegnarmi perché alla fine della prima settimana di prova, il capo reparto doveva stabilire l’idoneità…Arrivò finalmente quel giorno, con grande soddisfazione, il mio capo reparto mi disse: bravo, da oggi sei un operaio F.I.A.T. prima paga con 5 lire di aumento e menzione di merito. Non potete capire la mia soddisfazione, ero emozionatissimo, la notte non riuscii a dormire. Il mattino seguente chiamai casa per informare i miei genitori che ero stato assunto. Iniziai una nuova vita, e potevo pensare a farmi una famiglia, un futuro, i figli, certo che mai potevo dimenticare  la mia terra, gli affetti, gli amici che avevo lasciato e pensavo sempre: chissà se riuscirò a tornare a rivedere la mia amata città con tutti i suoi vicoli, le partite di pallone sotto le mie palazzine, le scorribande con i ragazzi del mio vicinato…le corse la mattina verso quel palazzo adibito a scuola ”Via Monfalcone 58”. Che ricordi, ora è un rione popolato di gente che non conosco e non mi conosce, quando torno sono uno straniero con i capelli bianchi, ma io passeggiando tra quei vicoli annuso sapori antichi, sento voci di gente che non c’è più, i miei ricordi sono sempre vivi e mi ricordano la mia fanciullezza spensierata, tempi duri e bellissimi che non tornano più.

Augusto Poscia, Cassino (Fr)

 

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